L’imperdonabile leggerezza dell’essere … M5S

Il 15 Settembre l’Huffington post pubblica un articolo a pagamento, dal titolo “Matrimonio gay e adozioni per single: l’ennesima mutazione a fini elettorali di Conte Guevara” che nella parte gratuita recita:

Nel programma M5s c’è una decisa accelerata sui diritti civili. Solo qualche anno fa si astenne sulle unioni civili. Per non parlare del penoso temporeggiamento sul ddl Zan

Articolo di HuffPost

Detta così il M5S o è omofobo o, nel migliore dei casi, schizofrenico opportunista. Che è quello che alcuni pensano ancora oggi. Imperdonabile. In realtà il M5S ha alacremente lavorato, fin dal suo esordio in parlamento, per approvare la legge sulle Unioni Civili, anche perché era un promotore originario di un provvedimento migliore della legge Cirinnà e un sostenitore dei diritti della comunità LGBT fin da prima di entrare per la prima volta in parlamento.

Contrariamente a quanto si può pensare, l’opposizione a un matrimonio egualitario, come voleva il M5S, veniva dall’ala cattolica del PD e da quasi tutta la destra.

Questa è la storia di come la realtà sulla battaglia politica per i diritti LGBT in Italia sia stata completamente, e con successo, ribaltata.

Dimostrerò, solo riportando i fatti, che i diritti LGBT sono parte del DNA del M5S da sempre e che il DDL Cirinnà è la copia sbiadita di quello che la comunità avrebbe avuto con il M5S ma che quel DDL ha avuto comunque l’appoggio in ogni luogo da parte del Movimento e invece l’opposizione di parte dello stesso PD (oltre che di Lega e mezza Forza Italia)

M5S e diritti LGBT

Nel 2012 Beppe Grillo pubblica sul Blog delle Stelle un post dal titolo “Nozze gay” in cui, a proposito del matrimonio fra persone dello stesso sesso dice:

un fatto che dovrebbe essere scontato, pacifico: le nozze gay e i diritti delle coppie omosessuali. Io sono favorevole al matrimonio tra persone dello stesso sesso, ognuno deve poter amare chi crede e vivere la propria vita con lui o con lei tutelato dalla legge. […]  L’Italia non ha una legislazione per le unioni di fatto. E’ una vergogna che va attribuita in ugual misura al pdmenoelle, al pdl e a Santa Madre Chiesa, la convitata di pietra. […]

qui il post

In questo post Grillo inoltre stigmatizza il fatto che durante il governo Prodi, un governo teoricamente progressista, non erano riusciti a fare manco i PACS per le beghe interne del PD.

Nel Dicembre 2012 le Camere sono sciolte in anticipo e, a Febbraio 2013, si tengono le elezioni politiche. Per la prima volta nella sua storia il M5S entra al parlamento Italiano.

La XVII legislatura ha inizio il 15 Marzo 2013. Fra l’avvio della legislatura e il 2 Aprile le forze politiche presentano 991 provvedimenti di vario genere, fra Camera e Senato. Il M5S non ne presenta nessuno.

Fra il 3 e il 5 Aprile 2013 il M5S presenta i suoi primi 6 provvedimenti di legge:

  1. […] soppressione dell’obbligo di assicurazione dei professionisti
  2. Abolizione dei contributi pubblici e modifiche …
  3. Modifiche al codice delle leggi antimafia …
  4. Modifiche al codice civile in materia di eguaglianza nell’accesso al matrimonio in favore delle coppie formate da persone dello stesso sesso
  5. Nuove disposizioni per il contrasto dell’omofobia e della transfobia
  6. Norme in materia di modificazione dell’attribuzione di sesso

Per tutti gli altri partiti si tratta di presentare i primi 1500 provvedimenti della nuova legislatura.

Per il M5S questi sono invece i primi 6 provvedimenti parlamentari in assoluto e 3 di questi sono provvedimenti a favore delle persone LGBT.

Riporto una citazione di un articolo del 2013 in merito al provvedimento numero 4:

[…] come primo disegno di legge al Senato quello relativo al matrimonio egualitario elaborato dall’associazione Avvocatura per i diritti LGBT-Rete Lenford. Giuseppe Polizzi, Presidente di Arcigay Pavia dichiara: “siamo soddisfatti. Questo è l’impegno che Luis Alberto Orellana, insieme ad altri cittadini 5 stelle eletti poi deputati e senatori, aveva assunto in campagna elettorale durante l’incontro del 26 gennaio 2013 tenutosi a Pavia, con le associazioni nazionali Arcigay, Agedo, Famiglie Arcobaleno e Certi Diritti. […] V’è anche un significato molto importante da cogliere: con questa iniziativa c’è lo sdoganamento delle questioni LGBT, che non sono più una battaglia della comunità gay per i gay, bensì una battaglia di tutti perchè l’eguaglianza senza i nostri diritti non può definirsi piena eguaglianza”.

L’AltraPagina

Qual’è la credibilità dell’Huffington Post quando scrive “l’ennesima mutazione a fini elettorali di Conte Guevara”? E cosa devo pensare di chi crede a queste bugie?

Matrimonio Egualitario o Unioni Civili?

Partiamo dalla fine: nel Maggio 2016 le Unioni Civili diventano legge. Rete Lenford dice così

Oggi è stato finalmente approvato dal nostro Parlamento il testo di legge che regolamenta le Unioni Civili e le convivenze. Le unioni attribuiscono diritti e doveri reciproci e risolveranno forse la maggior parte dei problemi pratici che le coppie dello stesso sesso affrontano, ma la cornice in cui sono inseriti non crea uguaglianza. […] L’introduzione dell’unione civile crea difatti una discriminazione nei confronti delle persone omosessuali, alle quali si preclude l’accesso al diritto fondamentale al matrimonio in ragione di una caratteristica personale ascritta, qual è l’orientamento omosessuale.

da un post di Rete Lenford 12 Maggio 2016

Come siamo arrivati alla Legge Cirinnà, a una legge utile ma discriminatoria?

Fra il 15 Marzo e il 5 Aprile 2013 sono depositati in Senato alcuni disegni di legge (DDL) che hanno come tema l’unione fra persone dello stesso sesso.

Le proposte presentate, in ordine di tempo, sono:

  • 15 Marzo 2013 – Loredana De Petris (Gruppo Misto)
  • 15 Marzo 2013 – Sergio Lo Giudice (PD)
  • 15 Marzo 2013 – Maria Elisabetta Alberti Casellati (PdL)
  • 20 Marzo 2013 – Carlo Giovanardi (PdL)
  • 26 Marzo 2013 – Lucio Barani (GAL, ex PdL)
  • 5 Aprile 2013 – Luis Alberto Orellana (M5S)

Il testo di Maria Elisabetta Alberti Casellati è una proposta di modifica ai “Patti di Convivenza”. Possiamo sorvolare.

Il testo di Carlo Giovanardi è una “Introduzione nel codice civile del contratto di convivenza e solidarietà“. Possiamo sorvolare.

Il testo di Lucio Barani (e Alessandra Mussolini) è “Disciplina dei diritti e dei doveri di reciprocità dei conviventi” e anche qui possiamo sorvolare.

Perché se dovevo sorvolare così tanto, li ho riportati? Perché questi DDL, o parti di essi, confluiranno tutti nella Legge Cirinnà. Proseguiamo.

Il testo di Sergio Lo Giudice è “Norme contro la discriminazione matrimoniale“; esso norma l’unione fra persone dello stesso sesso ma, limitandosi a sostituire “marito e moglie” con “i coniugi”, non impedisce a persone dello stesso sesso di contrarre matrimonio ma nemmeno mette nero su bianco che possono farlo e che hanno gli stessi diritti, soprattutto rispetto ai figli. Però non possiamo sorvolare.

Il testo di Loredana De Petris è “Disposizioni in materia di eguaglianza nell’accesso al matrimonio da parte delle coppie formate da persone dello stesso sesso” e norma anche le parti riguardanti i figli. È quindi il Matrimonio egualitario.

Il testo di Luis Alberto Orellana, cioè del M5S, è “Modifiche al codice civile in materia di eguaglianza dell’accesso al matrimonio in favore delle coppie formate da persone dello stesso sesso“. È quindi anch’esso il Matrimonio egualitario.

I testi di De Petris e Orellana sono sostanzialmente identici, fatta salva una parte finale in più, per Orellana, sui cognomi esistenti al momento di entrata in vigore della legge.

È una differenza essenziale quella fra le proposte di De Petris et al./Orellana et al e quella di Lo Giudice et al.: nel codice civile, infatti, quando si tratta di filiazione e adozione ricorrono i termini “padre”, “madre”, “donna” “moglie”, “marito” (artt. 262, 299 e altri). Se restano questi termini (e dopo la Cirinnà sono rimasti), resta inteso che la questione non riguarda persone sposate dello stesso sesso. Quello della proposta del PD non è un matrimonio e crea un’ennesima fattispecie separata dalle unioni di sesso diverso. Di fatto discrimina.

Questa è la base da cui siamo partiti nel lontano 2013: comunità LGBT e M5S + De Petris da una parte e PD dall’altra. Gli altri: non pervenuti.

Un altro passaggio storico essenziale è la consultazione on line della base del Movimento 5 Stelle sulle … unioni civili. Viste le premesse capite bene che c’erano due mondi: quello che avrebbe dovuto essere e quello che l’ala cattolica e conservatrice di questo paese consentiva, minoritaria nella società civile ma pesante in quella politica.

Nell’Ottobre del 2014 il M5S avvia una consultazione on line sul tema: risultato 21.360 iscritti (85% dei votanti) votano a favore. Questo peraltro corrisponde ai risultati di un sondaggio sul “matrimonio gay” fra gli elettori di tutte le forze politiche condotto nello stesso mese. Ma a favore di cosa dovevano votare gli iscritti M5S? Lo spiega il Senatore Airola in un post che accompagna il voto:

Oggi vi si chiede di esprimervi su una specifica proposta di unioni civili che dovrà essere votata in commissione giustizia. E’ un testo sulle unioni e non sul matrimonio che in commissione ha seguito un altro iter. In pratica in commissione giustizia sono stati accorpati tutti i disegni di legge sul matrimonio da una parte e lo stesso è stato fatto per le proposte relative alle unioni di fatto. Il voto quindi è per adesso limitato alle questioni delle unioni che dobbiamo affrontare e non è una espressione sulle soluzioni ideali che dovremmo avere in merito.
Se credete che sia sacrosanto concedere dei diritti alle coppie di fatto votate sì, se credete che dovremmo avere il matrimonio egualitario vi consiglio di votare sì lo stesso perché questo sarà il primo passo per riconoscere comunque dei diritti alle coppie etero e gay (tenete presente che il testo sulle unioni garantisce molto le coppie al pari del matrimonio, salvo adozioni ex novo per le coppie omosessuali) Se siete contrari a qualsiasi diritto per le coppie di fatto votate No ma sappiate che in tutta Europa esistono istituti egualitari al matrimonio per coppie omosessuali o comunque il riconoscimento di diritti alle coppie di fatto. Buon voto.

Il post FB di Airola di 8 anni fa

Airola dice una cosa importante: in commissione giustizia sono stati accorpati tutti i disegni di legge sul matrimonio da una parte e lo stesso è stato fatto per le proposte relative alle unioni di fatto

Riporto solo un frammento dell’intervento della relatrice Cirinnà dalla seduta del 12 Ottobre 2015, a conferma:

[…] A tale scopo viene introdotto l’istituto delle unioni registrate, fondato sull’articolo 2 della Costituzione, e tenuto nettamente distinto dal matrimonio quale fondamento della società naturale e pregiuridica – la famiglia – che trae invece copertura e riconoscimento dall’articolo 29 della Costituzione. 

Seduta 243 12/10/2015 2ª Commissione permanente (Giustizia)

Da qui inizia a prendere il sopravvento il percorso che farà sparire il matrimonio egualitario e lo sostituirà con la Cirinnà. Ciononostante Airola invita tutti gli iscritti M5S a votare SI.

Le beghe del PD …

Come si è passati da un percorso condiviso, sebbene al ribasso, fra M5S e PD all’astensione/assenza al voto? È presto detto.

Il primo tassello lo espone la Senatrice De Petris in una intervista del 23 Gennaio 2016 che considera la Legge il “minimo sindacale” e in più teme il voto NON del M5S, con cui è allineata dall’inizio (e che è peraltro all’opposizione), ma di alcuni senatori del PD che hanno proposto emendamenti peggiorativi. Chi sia una parte di questi senatori lo spiega un confronto fra Migliore (PD) e Marco Damilano: sono i renziani. Gli altri sono una parte dei cattolici.

I timori della Senatrice De Petris sono condivisi dal M5S che, il 17 Febbraio 2016, fa un accorato appello in parlamento, che vi consiglio di ascoltare in questo video:

L’M5S chiede 9 volte la calendarizzazione del voto sulle unioni civili ottenendo continui rinvii dal PD. L’M5S per poter approvare questa legge in tempi rapidi, pur non essendo più la sua legge, non ha presentato nessun emendamento. ZERO. Non così il PD stesso e altri:

  • Lega 5228.
  • PD 67
  • Forza Italia (che è divisa in due con Berlusconi che improvvisamente è a favore) 263
  • ….
  • M5S ZERO.

Gli emendamenti in tutto sono 6104. È evidentemente ostruzionismo.

La parte “PRO” della maggioranza di governo ipotizza di usare il “canguro” un trucco (inesistente sulla carta e considerato proceduralmente illegittimo) che eliminerebbe la discussione parlamentare ma consentirebbe di ovviare (stirando la democrazia) all’ostruzionismo della Lega dimezzando (non annullando) gli emendamenti.

Il M5S di fronte all’ostruzionismo della Lega è tentato di digerire anche il “canguro”, l’emendamento Marcucci, come spiega Paola Taverna in quei giorni al TG3 nel video che riporto qui sotto.

Ma … la Lega, come riportano gli atti parlamentari e le dichiarazioni in video, ritira 4500 dei suoi circa 5000 emendamenti. Ne restano 500 (quasi tutti inerenti la questione adozioni). Questo consentirebbe, a detta di tutti, la discussione e approvazione del DDL in 48 ore, senza “canguro”, trucco a cui a questo punto il M5S si oppone così come al pericolosissimo voto segreto, o al voto di fiducia.

Quello che invece succede è che improvvisamente Renzi, passato da “contrario ai matrimoni gay” a “l’approvazione è irrimandabile”, il 24 Febbraio porta in aula con la voce di Maria Elena Boschi, a nome del governo, un MAXI EMENDAMENTO sostitutivo dell’intera legge (eliminando tra l’altro a forza la step-child adoption e l’obbligo di fedeltà) e vi pone la questione di fiducia.

E qui arriviamo al punto delle azioni del M5S: un movimento che ha creato una legge migliore di questa, egualitaria, che l’ha portata al senato come 1 dei primi 6 provvedimenti della sua storia, che ha consentito al PD di praticare tutte le sue mutilazioni pur di farla approvare, che non ha presentato manco un c***o di emendamento … si trova a dover votare la fiducia al governo di cui è opposizione, su un provvedimento totalmente sostitutivo (con modificazioni, peggiorative) di un intero DDL parlamentare a cui ha lavorato per 3 anni.

Il M5S al Senato non ha partecipato al voto e alla Camera si è astenuto. Ma il punto è: ha messo così a rischio l’approvazione?

Pillola Blu e Pillola Rossa

La risposta è NO.

Ma per capire perché dire “M5S ha messo a repentaglio la legge sulle unioni civili” sia una bugia e perché si sia astenuto da una parte ed è uscito dall’altra, è necessario sapere come funzioni la maggioranza nei due rami del parlamento. Per questo poi le bugie viaggiano spedite: chi sa come funziona mente, mentre chi ascolta non vuole sapere.

Maggioranza
Il termine “maggioranza” indica, nel linguaggio politico, quel numero di parlamentari, superiore alla metà, che dà la fiducia al Governo. In senso più ristretto il termine indica il numero di voti favorevoli che sono necessari per adottare una deliberazione: tale numero deve essere pari almeno alla metà più uno dei senatori presenti (vedi Numero legale). Al Senato non basta che i Senatori favorevoli superino i contrari, ma occorre che superino la somma dei senatori che esprimono voto contrario e di quelli che dichiarano la propria astensione. Al Senato, infatti, i Senatori che si dichiarano astenuti sono considerati presenti, a differenza della Camera dove sono considerati presenti solo i deputati che esprimono voto favorevole o contrario. Ciò comporta che, per non prendere parte alla votazione, i Senatori devono uscire dall’Aula.In caso di parità di voti la proposta non è approvata. In casi esplicitamente previsti dalla Costituzione sono richieste maggioranze speciali.

dal Glossario Parlamentare

Al Senato, il voto di fiducia (vedi qui il risultato) ha costretto anche i favorevoli al voto contrario. Forza Italia infatti che per metà era favorevole ha votato compatta per il no (34 senatori). La Lega (9 senatori) no. Gruppo Misto (10 no 5 si). Ma il Movimento fa un’altra scelta. Per le regole del Senato, se i 30 Senatori M5S (che erano comunque solo l’11%) fossero stati presenti avrebbero solo potuto votare la fiducia per non boicottare il provvedimento, perché al Senato le astensioni si sommano ai voti contrari. Quindi gli M5S sono usciti dall’aula consentendo al provvedimento di passare, comunque blindato dai 173 voti di maggioranza contro i restanti 71 contrari.

Alla Camera, dove il M5S aveva 88 deputati, di nuovo il voto di fiducia (vedi qui i risultati) ha portato al no anche quelli che in alcuni partiti erano favorevoli, ma comunque siccome la maggioranza del governo era schiacciante e in quel ramo del parlamento gli astenuti non si sommano ai contrari, il Movimento ha scelto una azione a impatto zero: l’astensione del M5S (a prescindere dal suo misero 14%) non ha minimamente intaccato la possibilità che il provvedimento passasse.

L’astensione/assenza del M5S NON ha minacciato assolutamente il provvedimento (anzi) e NON aveva a che fare con il provvedimento, fortemente voluto dal Movimento.

Alla fine di questo lungo ma necessario post spero che sia un po’ più evidente, in quanto documentata passo per passo, la verità.

Mi spiace per tutti quelli che sulla base di un numero impressionante di bugie e intrighi parlamentari “non perdonano” azioni a chi non le ha mai commesse e continuano a dare credito a chi invece le ha commesse davvero.

Buona vita a tutti

RIGASSIFICATORI e PERFORAZIONI

Come elettori, saremo presto travolti dallo scontro politico che, sull’ambiente, come sempre, contrapporrà quelli che “crisi economica, panico ed urgenza, crisi energetica, indipendenza … dobbiamo perforare e rigassificare” che daranno dei “partito del NO” a quelli che diranno “no trivelle no rigassificatori” appellandosi, questi ultimi, alla tutela dell’ambiente perché c’è la crisi climatica.

Distribuzione risorse idrocarburi. (PITESAI)
Principali province di idrocarburi in Italia (credit: PITESAI, Bertello et
al., 2010)
. Citazione e immagine presa da GeoPop.

Il fatto è che l’ascoltatore/elettore medio, pure quello sensibile alle tematiche ambientali tenderà a dare intimamente ragione ai primi perché … “ok la tutela dell’ambiente ma (tanto per cambiare, n.d.R.) ci sono le bollette, la guerra, la Russia”. Un po’ come a Roma l’inceneritore: ok l’ambiente e la differenziata, ma ci sta la spazzatura, l’emergenza. E così non se ne esce.

E così, cioè, avverrà di nuovo che coloro che sono la causa della nostra dipendenza dal GAS, la causa del non essere avanguardia nelle rinnovabili, la causa della sempre tardiva inversione di tendenza, la causa della spazzatura, saranno ascoltati e gli altri no, anzi “che palle”.

Il punto è che, mi duole dirlo, la difesa dell’ambiente, nonostante tutto non sarà recepita come motivazione per non fare rigassificatori, perforazioni e inceneritori. E perderemo di nuovo la battaglia principale per invertire la tendenza proprio ora che l’occasione è veramente propizia da ogni punto di vista.

Per fortuna c’è un MA. Le ragioni per cui il puntare sulla rigassificazione, sulle perforazioni o sugli inceneritori è una scelta cretina, dannosa pari a gettare sabbia nel serbatoio di una macchina non risiede “solo” nella difesa dell’ambiente.

Dipendiamo pesantemente dal GAS Russo. I rigassificatori che dovremmo fare servirebbero, dicono, per eliminare, cosa impossibile, la dipendenza dalla Russia: importiamo, in forma liquida, GAS tramite navi da altri paesi e poi lo rigassifichiamo qui. Ma un rigassificatore sostituisce solo una dipendenza con un’altra. Avrebbe senso se fosse una misura temporanea emergenziale (ma allora dovremmo già averlo) altrimenti in un quadro geo-politico così variabile, con le risorse fossili prevalentemente in mano a paesi diciamo borderline o veramente costosi, peraltro in un mondo in cui il gas russo parte anche per altri lidi e poi noi lo ricompriamo in quei lidi e lo trasportiamo con le navi qui in forma liquida e poi lo rigassifichiamo per usarlo, la cosa assume dei contorni ridicoli a fronte pure del fatto che manco risparmiamo soldi anzi. Anzi, perché il gas di altri paesi non è tanto economico quanto il russo, pare, men che meno le risorse fossili che importiamo dagli USA. Quindi puntare a costruire rigassificatori, continuare a puntare al GAS come risorsa del futuro è oggettivamente un perdita di tempo prezioso che non abbiamo proprio più. É anche una sciocca perdita di soldi e sanciremmo per sempre la nostra sudditanza ad altri, poco stabili soggetti internazionali.

Allora perché non perforare altri pozzi in Adriatico? Per tutelare l’ambiente, maledetti ecologisti? (poco importa se poi gli ecologisti hanno sempre avuto ragione contro tutti).

Diciamo che dei fondali e degli ecosistemi non ci frega ‘na mazza (da bravi liberisti) nonostante il collasso ambientale. Diciamolo pure. Ma c’è un altro MA più pragmatico e cinico: le risorse addizionali provenienti da nuove perforazioni dell’Adriatico e nelle altre zone previste dal Piano della Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PiTESAI) NON sono sufficienti, a detta degli esperti, a compensare le importazioni vecchie e/o nuove. Il Decreto Bollette emanato a inizio 2022, pur se in contrasto con lo stesso PITESAI, prevede una aumento di 6-7 Mld di m3/anno che si andrebbero a sommare agli attuali circa 3-4Mld di metri cubi anno. Dato che il consumo annuo italiano è di circa 76Mld di m3/anno arriviamo al massimo al 10-15% di contributo del nostro metano al fabbisogno nazionale, il che inciderebbe, quindi, sul prezzo alla distribuzione (bollette) per una parte minima perché dipenderemmo ancora per l’85% dalle importazioni. Queste nuove estrazioni non ci darebbero e non ci daranno alcuna indipendenza. Anche il fattore tempo non è secondario: ci vuole tempo per fare nuovi pozzi/piattaforme: anche SALTANDO l’iter burocratico a piedi pari ci vorrebbero 3-4 anni per andare in produzione da nuovi pozzi. Inoltre, infine, c’è una cosa che mai nessuno dice: le risorse fossili non sono infinite (lo sappiamo) e non sappiamo se un giorno, per ragioni di ordine superiore, né avremo davvero bisogno. La stima è che nel nostro sottosuolo ci siano sicuri 90Mld di m3 di metano, fino a un massimo potenziale (includendo risorse “possibili ma non certe”) di 350Mld di m3: questo rende evidente la limitatezza di queste risorse nel tempo (estraendo 10Mld l’anno su 90 certi che ne abbiamo compenseremmo appena il 15% di consumo per 10 anni, e includendo le potenziali, 35 anni, poi basta). Che senso ha in un momento in cui la tecnologia ci consente di cambiare strada per l’approvvigionamento energetico, continuare a consumarle per una riduzione dei costi praticamente risibile e restando dipendenti dal resto del mondo? Così a ca**o?

É come con l’inceneritore: usarlo come metodo di smaltimento (cosa che accade se lo usi quando la differenziata non è al 90-95%) è roba oltre che vietata dall’Europa, anche senza alcun senso economicamente e dal punto di vista della lungimiranza, oltre che non è certo una soluzione “emergenziale” visti i tempi di realizzazione. Continueremmo a sprecare una risorsa come i rifiuti, rallentando o fermando il processo virtuoso di riduzione/riuso/riciclo e producendo un rifiuto terminale che non è quello che si avrebbe se usi un inceneritore come CHIUSURA del ciclo rifiuti, ma altro. Al momento attuale (o fra 5 anni quando puntano al 60% di differenziata) quel rifiuto all’inceneritore non sarebbe ancora adeguato … . É proprio la strada sbagliata, anti-economica per il pubblico (forse non per i soliti privati) indirettamente (oltre che direttamente) dannosa per l’ambiente e per le città.

Allora, quello che voglio dire per esempio a Conte è: il motivo per non volere rigassificatori, inceneritori e nuove trivellazioni, non è (politicamente) mi duole dirlo, la tutela dell’ambiente in senso diretto (su cui esiste già un piano, magari perfettibile) ma più cinicamente, pragmaticamente e funzionalmente, che NON ci conviene proprio.

Un paio di decenni fa Grillo già parlava dei tetti dei capannoni industriali: perché non erano tappezzati di pannelli?

I pannelli per carità anche quelli, e le batterie, devono essere smaltiti prima o poi ma quelli moderni hanno una resa spaventosamente alta, una durata molto lunga e il vantaggio che c’è una enorme quantità di spazio libero su migliaia di km2 di tetti pubblici e privati. Ogni set di pannelli rende autonomo chi ci sta sotto e lo rende produttore per gli altri.

Se dobbiamo fare un’azione massiccia in senso energetico, oggi che la tecnologia finalmente fa passi enormi, il piano nazionale, i soldi del PNRR la sburocratizzazione DEVONO andare in quella direzione.

Chi vi dice il contrario è lui/lei stesso/a quel partito del NO che da decenni produce incommensurabili danni che non svuotano solo l’ambiente ma anche il nostro portafogli.

Sindaci di Roma: piccolo promemoria

Quante occasioni ha dato il popolo sovrano di Roma ai sindaci da quando nel 1993 il sindaco si elegge in modo diretto?


Rutelli: ha avuto due mandati come Sindaco della durata di 4 anni l’uno per fare quello che ha fatto. Il secondo mandato lo ha interrotto lui anticipatamente consegnando Roma al Commissario straordinario per candidarsi a presidente del consiglio per l’Ulivo.Per fare quello che ha fatto (fra cui cedere il 49% di ACEA a Caltagirone), il debito è passato da 3,62Mld€ a 5,93Mld€ (+2,31Mld€).

Veltroni: ha avuto due mandati come Sindaco della durata di 5 anni l’uno per fare quello che ha fatto ma il secondo lo ha interrotto lui anticipatamente dopo soli 2 anni consegnando Roma al Commissario straordinario per candidarsi come presidente del consiglio per il PD.Per fare quello che ha fatto il debito è passato da 5,93Mld€ a 6,95Mld€ (+1,21Mld€)

Alemanno: ha avuto un mandato come Sindaco di Roma della durata di 5 anni per fare quello che ha fatto (fra cui magheggi col debito, sciogliere MeTro in ATAC arrecando danno al trasporto pubblico su ferro a Roma). Quanto al debito semplicemente … gli cambia nome: ora si chiama “debito pregresso” e se lo leva di torno (lui). Crea nel 2010 cioè, con l’aiuto di Berlusconi e Tremonti al governo, la bad company del debito di Roma ed essendo pure il commissario del debito pregresso, ci mette quello che vuole in accordo con Tremonti. Lo stato reale verrà a galla solo dopo Alemanno: al 2010 il debito era di 10Mld. L’euforia di aver cambiato nome al debito ha prodotto altri debiti. Questa operazione fa sparire Roma dai radar dei rating pubblici.

Marino: quando arriva Marino il debito è di circa 13Mld€. Si riduce un po’ e secondo lo stesso ex-sindaco a quel tempo il rating di Roma era passato da negativo a stabile. La stessa cosa che poi accadrà dopo i 5 anni di amministrazione Raggi. Sempre a opera di Standard and Poor’s.

Quei debiti li paghiamo in larga parte con l’IRPEF ma ci sono anche gli interessi.

Sia chiaro: è ovvio che non tutto il debito è “cattivo” MA quello di Roma è mostruosamente cattivo quindi ogni debito per investimenti (che potrebbe essere positivo se hai capacità di pagarlo) non è ovvio per una città col debito di Roma.

A me dopo 23 anni di sindaci di Roma che hanno consegnato alla fin fine un tessuto deteriorato e indebitato pare un gran risultato per un sindaco di Roma

  • iniziare a ridurre il debito mostruoso dando “outlook” stabile alla Città
  • iniziare a ridurre gli interessi sul debito
  • nonostante tutto mettere a bilancio e fare appalti per manutenzione ordinaria senza fare nuovo debito
  • nonostante tutto mettere a bilancio e fare appalti per manutenzione straordinaria senza fare nuovo debito
  • realizzare progetti da città europea che possano diventare veramente esecutivi
  • realizzare progetti che diventati esecutivi non siano una mangiatoia e non lievitino in 3 giorni
  • puntare sulla mobilità sostenibile (in ritardo di 30 anni)
  • iniziare a rinnovare il parco mezzi di ATAC e Servizio Giardini
  • mettere in atto “Strade Nuove” mentre si iniziano a manutenere in modo ordinario quelle che non vi possono ancora rientrare
  • mettere al centro le periferie durante il mandato e non in campagna elettorale
  • denunciare le inadempienze pesanti di altre istituzioni chiarendo i ruoli e pretendendone il rispetto
  • ecc …

Comunque, il primo mandato per un sindaco onesto e capace in una città come Roma che parte purtroppo dai fatti narrati, serve a questo. Fosse stato fatto in passato forse non avremmo decine di articoli, indagini, pareri dei commissari ecc che parlano di debito mostro della capitale. Il secondo mandato serve a consolidare, proseguire, realizzare.

Debito pubblico di Roma secondo il Sole24Ore

Abbiamo dato due mandati a gente che ce li ha ributtati in faccia in spregio alla fiducia, che ha accumulato debiti immensi (e non per investimenti fruttuosi sennò non avremmo sto debito), ha lasciato deperire il parco mezzi, il servizio giardini; l’unico a cui abbiamo dato un solo mandato ha addirittura mistificato il debito e mandato in rovina parti importanti dei servizi; uno che pareva avere un’idea di servizio, Marino, quelli stessi lo hanno defenestrato a metà mandato.

E ancora alcuni pensano che la Raggi non meriti un secondo mandato?

E’ definitivo che questo non è un paese che premia il merito né la capacità progettuale a lungo termine.

Dēmokratía

In questo Paese la parola “democrazia” è usata fino all’ossessione. Nei talk show politici ma anche nei dibattiti privati o social è onnipresente. Solo che è usata spesso a sproposito e in sostituzione di altri concetti come “equità”, “tolleranza”, “educazione”, “libertà”. Ma democrazia non è sinonimo di nessuna di queste cose.

Prendendo a riferimento gli ultimi circa 25 anni si può dire che abbiamo avuto modo di ascoltare comodamente da casa numerosi interventi di costituzionalisti, scrittori esperti in materia, storici e quant’altro. Queste persone ci hanno spiegato più che bene il concetto di democrazia. E poi ormai c’è il web (quello certificato) per approfondire. Anche un non esperto dunque potrebbe ormai aver acquisito elementi sufficienti a farsi un’idea sull’argomento in questione. Chiunque oggi in Italia, con il tanto parlare che si è fatto di democrazia, potrebbe quindi esprimere un’opinione, magari non condivisibile, ma almeno fondata.

A mio avviso non esiste un alibi per l’ignoranza almeno sui fondamentali della democrazia.

Purtroppo però il dibattito (in particolare quello televisivo) è stato diretto, anzi dominato, e quindi influenzato da una classe politica che sembra non aver avuto alcun interesse a far crescere la cultura dell’elettore potenziale. Ha avuto più che altro interesse personale a buttarla in caciara, come si suol dire (a Roma), con l’unico scopo di ottenere consensi orientando il pubblico in base agli istinti.

Questo è forse l’unico alibi che il popolo italiano può darsi oggi per continuare a non capire o ignorare il concetto di democrazia e i mille aggettivi che le si possono affiancare per definirla.

Ogni volta che riparte il dibattito, quindi, si tende a guardare il dito e non la Luna.

Per esempio: in occasione di uno o più provvedimenti “liberticidi” prodotti dal parlamento Italiano (eletto) o imposti in forma di decreto dal governo Italiano (nominato) e poi confermati entro 60 giorni dal suddetto parlamento, la prima cosa che si sente dire è “non è un provvedimento democratico”. Si finisce a usare il significato esteso, colloquiale e sbagliato, di democrazia che sostituisce a seconda dei casi uno dei termini di cui sopra.

E ci si stupisce che ancora oggi il “popolo” insista a parlare di “governo non eletto dal popolo” come fosse una stranezza, una cosa non democratica insomma.

Regna la confusione.

Partendo quindi dalle definizioni generali più semplici, ne prendo tre, un’enciclopedia famosa e un dizionario di lingua Italiana e poi l’immancabile Wikipedia.

democrazìa s. f. [dal gr. δημοκρατία, comp. di δμος «popolo» e -κρατία «-crazia»]. – 1. a.Forma di governo in cui il potere risiede nel popolo, che esercita la sua sovranità attraverso istituti politici diversi […] [Treccani]
democrazia [de-mo-cra-zì-a] s.f. (pl. -zìe)
1 Forma di governo in cui la sovranità risiede nel popolo, il quale la esercita per mezzo di rappresentanti liberamente eletti, con libera opposizione delle minoranze e nell’ambito della legge
‖ Democrazia costituzionale, in cui il confronto politico viene regolato da una costituzione
‖ Democrazia diretta, in cui il potere viene esercitato direttamente dal popolo
‖ Democrazia parlamentare, indiretta, rappresentativa, in cui il potere del popolo viene esercitato attraverso rappresentanti riuniti in assemblee […] [Il Grande Dizionario Italiano]
La democrazia (dal greco antico: δῆμος, démos, «popolo» e κράτος, krátos, «potere») etimologicamente significa “governo del popolo”, ovvero sistema di governo in cui la sovranità è esercitata, direttamente o indirettamente, dal popolo, generalmente identificato con l’insieme dei cittadini che ricorrono ad una votazione. Il concetto di democrazia non è cristallizzato in una sola versione o in un’unica concreta traduzione, ma può trovare e ha trovato la sua espressione storica in diverse espressioni e applicazioni, tutte caratterizzate per altro dalla ricerca di una modalità capace di dare al popolo la potestà effettiva di governare. […] [Wikipedia]

Primo fondamentale: la democrazia è una forma di governo in cui il potere risiede nel popolo. La volontà del popolo, direttamente o indirettamente, deve essere rispettata.

Secondo fondamentale: la democrazia NON ha una sola forma possibile. Quale sia la migliore forma o sfumatura è argomento di discussione.

Ora: si può pensare quello che si vuole della democrazia, persino che non sia la migliore forma di governo possibile, ma SE si decide di essere sostenitori della democrazia È ESSENZIALE accettare una cosa semplice: il popolo è quello che è nel momento in cui gli si chiede di esprimersi e se ne definisce la volontà. Non è necessariamente buono, o cattivo, o umano, o disumano, mentalmente aperto, mentalmente chiuso. Il popolo, la sua cultura media, la sua apertura mentale o la sua chiusura, sono frutto di un percorso, di una evoluzione continua, di una crescita e anche del rapporto con le istituzioni che lo governano.

Se vuoi fregiarti di essere un fervente sostenitore della democrazia NON puoi avere paura del popolo o pretendere che esso sia come lo vuoi tu. Puoi lavorare, a prescindere dalle elezioni e dai governi, perché cresca, perché diventi consapevole e responsabile delle sue azioni, perché sia tollerante, aperto e puoi diffondere cultura, principi di convivenza civile e mutuo soccorso. Puoi fare un sacco di cose in sostanza, ma se vuoi democrazia devi sapere che rischio corri e accettarlo. Altrimenti hai già perso, cambia forma di governo.

Se prosegui oltre si deve assumere che tu sia un democratico.

Se lo sei hai, in base ai fondamentali, anche l’obbligo di perseguire (o accettare che sia perseguito) il fine ultimo di far si che il potere sia effettivamente, in un modo o in un altro, il più possibile nelle mani del popolo. Qualunque cosa tu faccia per deviare da questo fine o girarci intorno ti toglie dall’alveo della democrazia e ti sposta altrove, in forme miste di governo. Legittime. Assolutamente. Ma non parliamo di più di democrazia.

Ne parliamo?

Allora prendiamo atto che una democrazia può essere bellissima, armonica, tollerante verso tutto e tutti ma anche piuttosto greve, chiusa, conservatrice cattiva, autolesionista,  guerrafondaia, isolazionista pure razzista (magari non tutto insieme … ) e quant’altro perché è espressione del popolo che la definisce, e allora si può proseguire a osservarne le regole.

La democrazia infatti ha delle regole che pure il popolo deve accettare altrimenti sarebbe esso stesso a uscire dall’alveo della democrazia. Paradosso.

Il set di regole di base è di solito raccolto in una Costituzione. Anche la costituzione, in un Paese democratico, dovrebbe rispettare la regola madre di fare in modo che il potere sia esercitato dal popolo nel più efficiente dei modi possibile. Le costituzioni evolute e realmente liberali lo fanno, pur non definendo una democrazia diretta pura.

La democrazia originariamente era esercitata in forma diretta (mi pare di capire leggendo studi sulla democrazia ateniese) anche se la parte di popolo a cui era concesso l’accesso all’Agorà era comunque selezionata, tipo che gli schiavi no. Questa è una forma possibile di democrazia. Sebbene vada al nocciolo della questione, il potere al popolo, non necessariamente è la migliore. E comunque non è l’unica. L’altra principale è la rappresentativa.

C’è quindi il parlamentoIl popolo elegge i suoi rappresentanti. Questa è la forma di democrazia italiana. Qualunque cosa ne dicano tante persone, a mio avviso a sproposito, la democrazia rappresentativa pura, rispetto ai fondamentali e all’obiettivo di ‘potestà effettiva’ del popolo, è a rischio di impedirla invece che conseguirla. E credo che l’Italia, la sua storia a partire dal fascismo, ne sia precisa evidenza. 

Il parlamento può essere strutturato in vari modi, monocamerale o bicamerale in linea di massima, e dovrebbe rappresentare la volontà popolare tramite associazioni partitiche che si distribuiscono i seggi (in Italia attualmente una Camera con 630 deputati e un Senato con 320 senatori) in base a una legge elettorale.

Intermezzo necessario in Italia ai tempi di Berlusconi e della Lega: in una democrazia rappresentativa parlamentare, è il parlamento e solo il parlamento che è eletto dal popolo e nulla altro. Il governo assolutamente no, men che meno è necessaria l’indicazione di un primo ministro ed è legittimo qualunque governo che abbia in parlamento una maggioranza che gli dia la fiducia. Se un governo cade, è totalmente legittimo, assolutamente democratico, in senso rappresentativo, formarne un’altro, basato su qualunque maggioranza. Anzi è proprio obbligatorio provarci, da parte del Capo dello Stato. Solo se non si raggiunge alcun accordo nella vigente composizione parlamentare si procede allo scioglimento delle camere e a nuove elezioni, che sono assolutamente l’ultima spiaggia. Un vero democratico, in una democrazia parlamentare rappresentativa (pura o meno) non si sognerebbe mai di definire “paura del giudizio popolare” il mancato ritorno alle urne a valle della caduta di un governo, qualora in un parlamento esistano solide maggioranze alternative. Solo un analfabeta istituzionale lo farebbe. A titolo poi di esempio estero, negli Stati Uniti un presidente può, dopo la verifica di mid-term, trovarsi una composizione della camera di segno del tutto opposto ed essere in minoranza e nessuno rappresentante della fazione opposta al presidente si sogna di berciare all’inciucio, al voto popolare sul presidente ecc. Perché così funziona la democrazia americana.

La legge elettorale è il classico cavallo di Troia che può abbattere la rappresentatività del parlamento e addirittura portare al collasso la stessa democrazia.

Essa è scritta dal parlamento, passa il vaglio delle commissioni, ed è promulgata dal presidente della repubblica come tutte le leggi e serve a eleggere il parlamento stesso, a definirne al composizione, l’attribuzione dei seggi e in ultima analisi è lo strumento attraverso il quale il popolo concede ai vari partiti il diritto di rappresentarne il volere.

La legge elettorale, e non altro, è quello strumento che “po’ esse piuma e po esse fero”.

Questo perché può essere tranquillamente la via democratica al fascismo. Il modo con cui le elezioni rispecchiano il volere popolare in una democrazia rappresentativa pura, infatti, è facilmente soggetto a deformazioni (introdotte, si dice in genere, per aumentare la governabilità del Paese) come le soglie di sbarramento, i premi di maggioranza, le rappresentanze federali, i collegi uninominali ecc. Quando queste distorsioni sono spinte al limite, come nel caso della rimozione delle preferenze e soprattutto dei premi di maggioranza (partitici o di coalizione), la virata anti-democratica è pazzesca. E così si avvia il loop tramite il quale la rappresentatività si restringe. La storia della Legge Acerbo, licenziata da un parlamento suicida nel 1923, è inquietante in merito considerando che fu il modo con cui il Partito Nazionale Fascista divenne IL partito.

Ogni volta che qualcuno in questo Paese usa lo spauracchio della ingovernabilità, delle cadute dei governi, per farci accettare introduzioni di premi di maggioranza, rimozione delle preferenze e cose simili, dobbiamo ricordarci che sotto sotto c’è del fascismo.

La legge elettorale, in una democrazia puramente rappresentativa, è un’arma carica di livello atomica.

Il Rosatellum, approvato nel 2017 dall’ampia coalizione guidata da PD-FI-Lega, per dire, è proprio quel genere di legge elettorale anti-democratica di cui parlo. Esattamente come la Acerbo, rischia di dare gli ormai famosi pieni poteri a una minoranza e per giunta senza preferenze, rendendo il parlamento non più rappresentativo. Non lo fa in modo diretto, dichiarato incostituzionale dalla Consulta ad ogni tentativo sulle precedenti leggi, ma indiretto. Ci si sono messi di punta.

Questo però può accadere SOLO se la Carta Costituzionale non mette al sicuro il popolo. Se non prevede strumenti di democrazia diretta.

Fra gli strumenti di democrazia diretta i più noti, presenti in alcune costituzioni liberali, sono il referendum propositivo e le leggi di iniziativa popolare con obbligo di implementazione da parte del parlamento.

Sono strumenti questi che consentono al popolo, sotto determinate condizioni di coadiuvare l’azione di governo su argomenti non trattati dai programmi, di impedire ai governi e al parlamento stesso di ignorare istanze essenziali per il popolo o di operare contro l’interesse del popolo a favore per esempio di una lobby (vedi per dire l’acqua pubblica). Sono essenzialmente dei correttivi della democrazia rappresentativa.

In Italia questi correttivi non esistono. Il referendum è solo abrogativo, ha un quorum che raddoppia fittiziamente la possibilità di vittoria dei “no” e per giunta non esiste vincolo di implementazione da parte del parlamento e quindi è solo consultivo. Idem per le leggi di iniziativa popolare che possono giacere in parlamento per sempre, come è accaduto.

Poi c’è l’istituto della revoca popolare sostanzialmente legata al concetto di vincolo di mandato o mandato imperativo. Anche su questo c’è una certa confusione. Almeno per me.

In generale tutti questi istituti rispondono all’esigenza di non permettere al parlamentare di fare promesse (anche solo tramite l’adesione a uno specifico partito) prendere i voti per questo, sedere in parlamento e poi fare come gli pare. Il che detto così suona ragionevole ovviamente. Il punto è che il mandato imperativo in realtà ha poco a che fare con il rapporto elettore/eletto, più che altro impedirebbe a un parlamentare eletto con un partito di cambiare “casacca” come si suol dire. In sostanza un eletto con un partito con cui si trovi in dissenso e per questo sia espulso da quel partito dovrebbe dimettersi o può vedersi revocato il mandato. Questa forma è considerata un pericolo di deriva fascista e si capisce bene il perché: se una democrazia rappresentativa deriva, come è possibile verso il fascismo, e gli aggiungi che il dissenso interno è impedito tramite la rimozione del mandato, il danno è completo. Il vincolo di mandato penso che sia un sinonimo di mandato imperativo. Invece la revoca popolare non passa per nessun automatismo da quanto si legge in testi costituzionali. La revoca del mandato invece deve superare una votazione popolare quindi di per se non sembra uno strumento prono alla deriva fascista, piuttosto uno strumento che obbliga i parlamentari a una certa serietà e coerenza e che spingerebbe semmai il parlamentare in questione ad argomentare adeguatamente le ragioni delle sue azioni. Il che sembra molto utile a tutti.

Nessuno di questi istituti è presente in Costituzione Italiana e in particolare il mandato imperativo è vietato dall’articolo 67 ed è assente in larghissima parte delle democrazie. È presente invece a livello locale o negli stati di alcune federazioni in alcuni paesi come gli Stati Uniti e la Svizzera.

Conclusioni

La volontà del popolo non si verifica tramite sondaggi ma attraverso gli strumenti i tempi e le regole della democrazia del paese in cui si vive.

La democrazia rappresentativa non garantisce bellezza e giustizia perché è e resta rappresentanza di un popolo con le sue bellezze e nefandezze e questo è sotto gli occhi di tutti. Lo strumento della delega permanente peraltro deresponsabilizza il popolo e non lo aiuta a crescere e a comprendere le istituzioni e quindi non garantisce qualità. Può avere come conseguenza, e in italia l’ha avuta, di progressivamente ridurre la qualità del popolo e quindi di conseguenza delle sue stesse rappresentanze in un loop infinito a decrescere. Questo non vuol dire che sia sbagliata, affatto, ma è molto molto limitata come forma di democrazia tenuta allo stato puro. Il rinnovo ogni 5 anni non garantisce né la qualità degli eletti, né il fatto che sia punito chi non ha lavorato bene, anzi di solito il popolo finisce per non capire quello che è stato fatto e chi ha governato perde punto e basta.

Vorrei che i detrattori degli strumenti di democrazia diretta fossero quindi consapevoli che

  1. la democrazia nasce diretta e deve puntare a dare il più possibile il potere al popolo;
  2. una democrazia rappresentativa senza strumenti di diretta, è pericolosa ed è la forma più prona alla deriva autoritaria, alla degenerazione della qualità della politica che non deve mai dimostrare nulla, tanto dopo 5 anni nessuno si ricorda più perché era imbufalito e contro chi e, alla fine, le nuove promesse imbambolano;
  3. gli strumenti di democrazia diretta NON sono le votazioni del grande fratello, non sono sciocchezze buttate li ma strumenti costituzionali che prevedono capacità e consapevolezza da parte di chi li usa (nel bene o nel male);
  4. la delega permanente instupidisce il popolo e poi non ci si può lamentare se dopo decenni di politica decadente ancora oggi un Paese rischia di non saper esprimere una rappresentanza decente

Ovviamente nemmeno gli strumenti di democrazia diretta che stemperano la democrazia rappresentativa mettono a riparo da errori e leggerezze da parte del popolo, ma questo è almeno parte dell’equilibrato gioco della democrazia.

La costituzione italiana deve essere migliorata, come lo sono state tutte le altre dei nostri pari, in senso liberale e devono essere introdotti elementi di democrazia diretta.

Altrimenti non cresceremo mai, saremo sempre una democrazia di basso livello.

La Sindrome di Matrix

Neo, protagonista di Matrix, è l’Eletto, colui il quale ha dentro di se da solo il potere di svoltare il futuro del mondo, di salvare la Città di Zion.

E’ evidente che questa figura dell’eletto, del condottiero, del salvatore della patria, non è nuova e di fatto ricorda molti personaggi delle religioni, primo fra tutti, per i cristiani, Gesù.

A me piace moltissimo Matrix, ma di certo non perché c’è Neo che da solo salva tutti ma perché come altre storie scelte dai fratelli Wachowski per farne film (come anche V for Vendetta altro bellissimo film) narra del risveglio della gente dal torpore e dalle balle, propagandate/imposte da un sistema falso e sfruttatore a gente che ha accettato questo fatto in modo quasi passivo, per paura, per comodità (si fa per dire).

Mi rendo conto però che il mio Paese (non so ancora per quanto lo resterà) è affetto dalla sindrome di Matrix nel peggiore dei modi. Invece di svegliarsi dal rintronamento imposto dal sistema (di cui fanno parte maggioranze ed opposizioni purtroppo) ha accettato che tutto realmente sia nelle mani dell’Eletto … sempre e comunque.
Prima l’eletto era Mussolini, poi Berlusconi adesso Renzi e poi ?
L’uomo forte, superman.

La fantasia, le storie di eroi e di super uomini/donne servono per dare l’esempio ma un esempio di massa. Di come ognuno dovrebbe in qualche modo contribuire a rendere il proprio Paese/Comune/rione/posto di lavoro un luogo migliore.

Non sono nate per rincoglionire la gente nell’attesa del salvatore, del Gesù Cristo di turno che si carica tutti i peccati del mondo per assolvere il popolo imbecille e peccatore.
Basta con sta storia. Ma possibile?

Così non se ne esce ed è meglio andare a vivere in un posto dove i comportamenti da Neo sono un po’ più diffusi, dove la voglia di prendere la pillola rossa è di tutti.
Dove l’idea che si possa piegare la realtà o meglio l’illusione di essa (come fa Morpheus prima di Neo in Matrix) piuttosto che subirla sia di tutti o almeno della maggioranza.

L’Italia ha enormi potenzialità ma sembra ormai aver deciso per la pillola blu.

“È la tua ultima occasione, se rinunci non ne avrai altre. Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant’è profonda la tana del bianconiglio. Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo.”

Il dito e la Luna: 6 Aprile 2009

Sono passati 2 anni, 10 mesi e una manciata di giorni dalle 3:32 ora locale del 6 Aprile 2009.

Ho scritto alcune cose nei mesi successivi agli eventi scatenati dal terremoto. Le conseguenze di quell’evento sono state molte. Sono morte 308 persone. Una città splendida è diventata più o meno un’ombra di se stessa. Il tessuto socio-economico è stato ed è rimasto stravolto. I componenti della Commissione Grandi Rischi di allora sono stati inquisiti in un processo e insieme a loro anche un ricercatore, un geofisico dell’INGV, che della commissione non faceva e non fa parte. Infine sono uscite alcune delle migliaia di intercettazioni delle telefonate di Guido Bertolaso, ex direttore del Dipartimento di Protezione Civile, da cui per il momento si evince che era talmente occupato a organizzare il G8 alla Maddalena per far fare bella figura all’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, da ritenere la questione “sequenza sismica” poco più che un fastidio (mia opinione personale fin da subito dopo il terremoto, seppure non supportata da prove).

Quello che mi interessa fare oggi è riportare un ragionamento logico che mi è venuto in mente pochi giorni fa mentre aspettavo un treno che non arrivava mai, diretto al mio luogo di lavoro precario.

Se qualcuno vi domandasse quale, del terremoto dell’Aquila, sia la cosa più rilevante, probabilmente tutti rispondereste: le 308 persone che vi hanno perso la vita. Questo è umanamente vero e lo condivido. Ma voglio essere qui freddo e calcolatore.

Io credo che la cosa più eclatante sia il numero di persone che NON vi hanno perso la vita.

Primo elemento: i dati Istat provvisori del 2011 danno oltre 70.000 residenti nel comune di L’Aquila. Se ricordiamo i 65.000 sfollati del dopo terremoto, si può tranquillamente dire che “circa 70.000” residenti sia un numero corretto.

Circa 70.000 persone NON sono morte a causa della scossa principale e più dannosa dell’intera sequenza, che ha colpito il capoluogo Abruzzese.

Questo non è un dato positivo in se: una città di un Paese altamente sismico e 7ma potenza industriale al mondo (lo era … un po’ di tempo fa, ora chissà) non dovrebbe avere ALCUNA vittima diretta di nessun terremoto di qualunque magnitudo aspettata per quel luogo in base alle esistenti e ben documentate Mappe di Pericolosità Sismica. L’Italia continua a fare eccezione.

Però è un rapporto, quello fra il numero di vittime (308) e il numero di sopravvissuti (oltre 70.000) che deve portare a una riflessione. Riflessione che lascio per la fine dell’articolo.

Secondo elemento: dopo la scossa di magnitudo locale 4 del 30 marzo 2009, le voci di un forte terremoto in arrivo si sono fatte sempre più insistenti. Comprensibile vista la paura e l’ansia che genera una sequenza sismica che dura 3 mesi rinforzata da un magnitudo 4 che fa saltare giustamente i nervi. Comprensibile viste le chiecchiere a vanvera di G. Giuliani [1]. Pochi sanno ancora oggi che di sequenze sismiche come quella finite però senza un forte terremoto o vittime da crollo di edifici nella stessa città dell’Aquila già ce ne sono state in passato.

Dopo il terremoto la Commissione Grandi rischi è stata messa sotto accusa per le 308 vittime. La tesi dell’accusa non è che il terremoto fosse previsto o prevedibile ma che la Commissione Grandi Rischi abbia, non avendo gli elementi per farlo, rassicurato la popolazione sul fatto che un forte terremoto non ci sarebbe stato, di fatto facendo si che le persone restassero in casa la notte del 6 Aprile 2009, nonostante l’eventuale istinto.

Ecco.  E’ qui che mi è venuto un lampo.

Il ragionamento: supponiamo per un attimo che la commissione non si sia mai riunita e che quindi non abbia avuto nemmeno la possibilità di rassicurare nessuno, e che davvero tutte le 308 vittime quella notte avessero deciso di scappare fuori casa o di non rientrarvi per una qualunque ragione legata alla paura, salvandosi così dai crolli dei rispettivi edifici.

Secondo la tesi accusatoria, e secondo molte persone comuni, le 308 vittime non ci sarebbero state.

Ma ci sono oltre 70.000 persone che COMUNQUE fossero andate le cose non avrebbero comunque, e non hanno infatti, perso la vita indipendentemente da quello che la Commissione Grandi Rischi avesse detto o fatto. Se si fosse riunita o meno, se avesse riassicurato o no … oltre 70.ooo persone NON sarebbero morte.

E’ questo il vero dato. La cosa che dovrebbe saltare all’occhio. E farci chiedere PERCHE’ quelle persone non sono morte.

Durante una forte scossa si può morire per poche ragioni: la paura è una di queste. Ci sono sempre, anche nei paesi più preparati al rischio sismico, decessi per attacco cardiaco dovuto alla paura sommata alle condizioni fisiche. Niente o quasi può impedirlo.

La stragrande maggioranza delle vittime però è legata al collasso degli edifici che non rispettano le norme antisismiche o al crollo di parti di essi (per esempio i cornicioni).

Ecco: pur supponendo che quella notte una certa percentuale degli oltre 70.000 residenti dell’Aquila non fosse presente nella città e nei paesi limitrofi, restano comunque decine di migliaia di persone vive nonostante il terremoto e indipendentemente dal fatto che la commissione si sia riunita o meno il 30 Marzo 2009 e da qualunque cosa abbia detto o omesso quel giorno.

Settantamila persone oggi sono vive perché gli edifici in cui si trovavavano quella notte magari hanno subito ingenti danni MA … NON gli sono crollati addossi. Lasciando loro modo e tempo, finita la scossa, di allontanarsi e mettersi in salvo.

Allora mi chiedo: se quelle 308 vittime invece sono morte è perché qualcuno ha detto qualcosa di rassicurante, se lo ha fatto, e loro hanno deciso di crederci? … o perché vivevano o si trovavano, per scelta o loro malgrado (come nel caso della casa dello studente) in edifici criminalmente irrispettosi delle più elementari norme antisismiche?

Se anche nessuno avesse proferito parola (nè la Commissione Grandi Rischi nè il sedicente previsore di terremoti G. Giuliani) e quelle persone fossero andate via dalle loro “fragili” abitazioni dopo il magnitudo 4 del 30 Marzo per rientrarvi però poi giocoforza dopo una, due o anche tre settimane … e se poi il terremoto si fosse verificato il 6 Maggio … non sarebbero comunque andate incontro alla morte? Con chi ce la saremmo presa allora?

Dopo queste 308 vittime, ultime di una lunghissima lista, è cambiato qualcosa sulla reale applicazione delle norme antisismiche in Italia? E sul dissesto idrogeologico?

Gli stessi Aquilani oggi sentono che la loro città fra qualche anno, se mai sarà ricostruita, sarà più sicura? E’ un loro obiettivo? O lo è per i Calabresi? E per i Napoletani che vivono dentro il Vesuvio?

Se non fra 10 anni forse fra venti o cinquanta, se non i genitori di oggi sicuramente i nipoti di domani e se non L’Aquila sicuramente un’altra fragile città Italiana, un altro terremoto lo subiranno. Questo è certo.

Dopo quasi tre anni dagli eventi del 6 Aprile 2009 io temo che, comunque si concluderà il processo alla Commissione Grandi Rischi, quelle 308 persone che hanno perso la vita saranno, come tutte le vittime di tutti i disatri di questo Paese, morte invano. Perché ancora oggi troppe persone stanno guardando al dito ma proprio non riescono a vedere la Luna.

E al prossimo terremoto, alla prossima alluvione, alla prossima frana … di nuovo moriranno quelle 308 persone. Ancora e ancora.

[1] Non esiste alcuna prova scientifica a tutt’oggi che i grafici di Giuliani abbiano una qualunque corrispondenza con eventi sismici che esca dalla pura causalità. Nè che quei grafici o il metodo abbiano un senso scientifico. Ma comunque, in base ai video che ho visto (centinaia ce ne sono su youtube) di sicuro NON ha previsto l’evento del 6 Aprile … e peraltro il 23 Marzo era in una TV locale a RASSICURARE i suoi concittadini (parole sue) che la sequenza di li a poco sarebbe finita.

La fantasia al potere …

A parte che la fantasia al potere era un slogan del ’68, se doveste attribuire questo slogan all’Italia o alla Germania dovrebbe essere automatico attribuirlo all’Italia.

Ma sinceramente dopo tutto quello che ho visto in questi ultimi anni e soprattutto in questi ultimi anni di crisi, se dovessi scegliere, direi che la fantasia è al potere in Germania. Ma dentro la gente proprio, tanto che anche gli amministratori pubblici hanno abbastanza fantasia da trasformare quello che toccano in oro e non in m***a come la maggioranza assoluta dei nostri.

E’ in corso Presa Diretta del 25 settembre 2011. Titolo “il Popolo”. Dopo una panoramica sull’Italia vista dai poveri, tenuti poveri da una politica nettamente mafiosa e cialtrona, si passa come al solito al buon esempio … alla Germania. E si capisce perché il divario fra i BTP italiani e i Bund tedeschi è così alto e cresce ancora. Perché il re è nudo e nessuno, quando il gioco si fa serio, può più permettersi di credere alle capacità di ripresa dell’Italia. E’ troppo tardi.

Mentre l’Italsider di Bagnoli è stata smantellata, dopo aver inquinato per anni, e la zona è rimasta un vero cesso, con tanto di divieto di balneazione, in Germania i tedeschi sono riusciti  rendere eco-sostenibili e produttive le ex-zone industriali.

Invece di buttare soldi per abbattere, li hanno investiti per riqualificare. Si sono inventati piste da sci coperte dove gli olandesi pagano per sciare (gli olandesi non i tedeschi). Ci fanno i soldi. Stupiscono i visitatori. Li attirano. Trasformano in oro e non in tristezza, quello che toccano. Donne e uomini grandi pur essendo piccoli.

I Italia è più diffuso l’esempio di gente piccola che se ne va in giro a fare la grande. La tristezza al potere.

Da noi le ex zone industriali diventano discariche di rifiuti speciali. E il peggio è che nell’antistante mare inquinato fanno il bagno i bambini. La mafia, la camorra e la ndrangheta fanno affari godendoci a sporcare e smerdare quanto più possible il territorio, ridendosela mentre i politici come Berlusconi e non solo, pigliano per il culo il popolo. Almeno quella parte di popolo che non era presente quando distribuivano la dignità e l’intelligenza.

In realtà le cose sarebbero più semplici. E’ tutto qui il concetto, come mi è capitato di dire spesso negli ultimi giorni. Far rinascere questo Paese è semplice. Ce lo dice la Germania.

Trasformare l’Italia in un Paese bello (non il BelPaese), tirandola fuori dallo schifo che è diventata, sarebbe un gioco da ragazzi. Basta la fantasia, e ci sono molti Italiani che ne hanno a pacchi, le competenze (e solo prendendo i ricercatori degli Enti Pubblici di Ricerca ce ne sono a pacchi di competenze) e la voglia di fare bene per il piacere di fare bene.

Ma prima dobbiamo liberarci per sempre di una classe dirigenziale cialtrona, incompetente, corrotta, piagnona e arrogante. Che sta rubando i nostri soldi, il nostro territorio e non più il nostro futuro (quello è andato) ma il presente.

Goooooooood Moooooorning Vietnaaaaaaaaaaaam!!!

PS: a proposito, sempre a Presa Diretta hanno detto che quando la differenza fra la valutazione dei BTP italiani e dei Bund tedeschi (presi a riferimento per la stabilità) cresce troppo, la gente vuole sempre meno comprare il nostro debito perché è troppo rischioso e perché il governo Italiano ha dimostrato di non avere i numeri per garantire il debito e quindi … l’interesse che lo Stato Italiano deve pagare per fare si che la gente si compri il nostro debito deve essere molto più altro (a garanzia del rischio). Ma quando l’interesse dovuto supera il 6% si entra nella zona di rischio default. Quando raggiunge il 7% sei diventato la Grecia. A fine Agosto quelli a scadenza decennale erano al 5.22. Adesso pare che siano oltre il 6%.

Dopo 3 anni persi a pensare ai cazzi di Berlusconi, negando la crisi, se poi a Tremonti e compari gli arrivano le pietre invece delle monetine … beh, non si potranno lamentare.

Grillo e Lerner – Lerner e Grillo

Prendo spunto da una polemica nata sul Blog di Grillo fra lui e Gad Lerner, a seguito della puntata in cui Berlusconi ha dato prova ennesima della sua cialtroneria e bassezza.

La polemica la potete leggere qui.

Mentre quello che ho da dire a entrambi è:

In realtà sia Lerner che Grillo stanno dicendo la medesima cosa. Lo dimostra l’esempio di Lerner: “se volessi fare il sindaco prima farei l’assessore perché di cose amministrative non capisco nulla.”
E’ vero. E’ infatti quello che fanno gli eletti del 5 stelle. Hanno idee, freschezza, determinazione, trasparenza e esperienze in alcuni campi … e mica partono come sindaci o premier.
Fanno la gavetta …
A entrambi dico questo: per gavetta non si deve e nn si può intendere più quella fatta in un partito, ma quella fatta nella società civile e nelle istituzioni dello stato …
Se hai già molta esperienza come amministratore di qualcosa di pubblico, forse puoi già fare il sindaco, circondandoti di persone a te complementari come conoscenze. Se invece non sai nulla di amministrazione e leggi ma hai in mente un progetto e hai altre conoscenze (su energie, su ricerca, su edilizia, su ambiente, su cultura, scuola ecc) allora è meglio se prima fai un po’ di crescita come assessore o quello che è.

NON come galoppino di qualche quadro politico di partito.

Penso che se vi prendeste un caffè insieme, cari Lerner e Grillo, e parlaste delle reciproche esperienze e dei vostri progetti e idee per una società migliore di questa (facile … vista la m***a che c’è) scoprireste di essere in perfetto accordo.

Mentre quei putridi stanno sfasciando quel po’ di dignità che anni fa pensavo restasse ancora a questo paese non trovate niente di meglio da fare che litigare fra persone degne e trasparenti per cose sulle quali in fondo avete idee simili? MASOCHISTI!!!

 

Tanti giornalisti per nulla!

L’ultima puntata di AnnoZero, intitolata “Il Sasso in Bocca“, ha fatto seguito a una puntata davvero di ottimo giornalismo, ma non ne è stata all’altezza.

Anzi, paradossalmente sono stati i giornalisti presenti, unici ospiti stavolta, a non essere all’altezza.

L’argomento era la censura preventiva del direttore generale  della Rai, MASI, al programma di Fazio e Saviano, che dovrebbe essere condotto da Roberto Saviano stesso.

I fatti sono

  1. che il programma di Saviano ha, come tanti altri programmi, un costo di alcuni milioni di € (sembra circa 2) dei contribuenti (non evasori)
  2. che gran parte di questi soldi serve a pagare gli ospiti importanti
  3. che gli spazi pubblicitari sono stra-prenotati proprio per le potenzialità date dagli ospiti importanti, incluso lo stesso Saviano

In un paese normale, anche un giornalista come Belpietro, che ha uno stile da giornalismo trash e ottuso (mia opinione ovviamente), si sarebbe limitato a domandare(si) quale fosse il così detto “bilancio di previsione” della trasmissione, ovvero quanto ragionevolmente pensano di spendere e quanto ragionevolmente pensano di incamerare (semplice economia da condominio!!).

Siccome la trasmissione “Vieni via con me” di Saviano, si configura come una novità ma si inserisce nel segmento di successo (per fortuna) di “Che Tempo che Fa” ed ha potenzialità da Annozero, come introiti pubblicitari … beh a occhio il bilancio di previsione dovrebbe essere positivissimo.

Quale modo migliore, anche rispetto a un modo di pensare “finanziario”, di investire i soldi pubblici? Più redditizio dei BOT e più sicuro della Borsa. La Rai dovrebbe festeggiare (Berlusconi anche, se fosse un vero imprenditore … visto che Endemol, venditrice del format, è sua) … ma dal comportamento del galoppino Masi, si direbbe che non sia così.

E poi, come sempre si è fatto, se la trasmissione dovesse deludere e gli inserzionisti fuggire coi telespettatori … sarà chiusa, limitando le perdite. Pubblica o privata che sia l’azienda, si fa così. Qualunque azienda investe e rischia. Questa volta mi pare che il rischio sia basso e le potenzialità di guadagno per la Rai molto alte. Quasi un colpo sicuro.

Ecco! Il discorso doveva finire qui, restando sul piano ragionieristico. Perché di questo si tratta.

Anche la questione della rivelazione dei cachet degli ospiti poteva risolversi sul piano di normale legge di mercato: la trasparenza tanto invocata da Belpietro non sta certo nel mettere in prima pagina “solo” i compensi di una trasmissione che ti sta antipatica, ma nell’avere dei bilanci che sono pubblici, che comprendano tutte le voci, quindi tanto i cachet che le inserzioni pubblicitarie, di ogni trasmissione. Dal punto di vista però della concorrenza, per la Rai questo sarebbe un grosso svantaggio … e questo, Belpietro come Paragone, che fanno gli splendidi dovrebbero capirlo. Ma tant’è.

Bastava dire questo e poi ripeterlo all’infinito per far capire a noi telespettatori che il comportamento della Rai è anti-aziendale dal punto di vista imprenditoriale e che Masi dovrebbe per questo, incapacità manifesta o dolosa, essere cacciato.

Sarà un caso che una trasmissione con quasi solo giornalisti come ospiti, sia venuta così caotica e inconcludente? E che non abbia trasmesso al telespettatore le corrette informazioni per valutare un tema in fondo così semplice?

Alla fine, nella mente del lettore medio de “il Giornale” ha prevalso il “faziosissimo”  quanto irrazionale discorso di Belpietro sulla base del quale a Hollywood non avrebbero mai girato nemmeno un film di serie Z, figuriamoci Indiana Jones.

Ai posteri …

Par Condicio? Grazie.

Nei giorni scorsi si è parlato molto di “Par Condicio”, solo che tutti ne parlano a sproposito, giornalisti e politici … e quindi anche gli italiani.

Al momento, il sentire comune sulla par condicio è che sia una legge stupida che imbavaglia. Quasi quasi una legge illiberale. Lo sottintende anche Santoro, ogni tanto e, sempre più spesso, Floris.

Eppure è falso. Vediamo perché.

Per  par condiciorecita Wikipediasi intendono quei criteri adottati dalle emittenti televisive nel garantire un’appropriata visibilità a tutti i partiti e/o movimenti politici.

Alla base di questa affermazione c’è la legge sulla Par Condicio, di cui riporto qui sotto l’Art. 2 che riguarda la comunicazione radiotelevisiva.

Art. 2. (Comunicazione politica radiotelevisiva)
  1. Le emittenti radiotelevisive devono assicurare a tutti i soggetti politici con imparzialità ed equità l’accesso all’informazione e alla comunicazione politica.
  2. S’intende per comunicazione politica radiotelevisiva ai fini della presente legge la diffusione sui mezzi radiotelevisivi di programmi contenenti opinioni e valutazioni politiche. Alla comunicazione politica si applicano le disposizioni dei commi successivi. Esse non si applicano alla diffusione di notizie nei programmi di informazione.
  3. È assicurata parità di condizioni nell’esposizione di opinioni e posizioni politiche nelle tribune politiche, nei dibattiti, nelle tavole rotonde, nelle presentazioni in contraddittorio di programmi politici, nei confronti, nelle interviste e in ogni altra trasmissione nella quale assuma carattere rilevante l’esposizione di opinioni e valutazioni politiche.

ecc …

Questo garantirebbe, se la si rispettasse, che non solo i maggiori partiti, che la visibilità ce l’hanno già, ma tutti i partiti, piccoli o grandi che siano, abbiano la possibilità di fare conoscere i loro programmi (lo so, è una parola che ormai non si usa più … “programmi questi sconosciuti”). Garanzia che le persone possano esercitare davvero la democrazia … perché la base di una buona democrazia è una buona informazione … non la scheda elettorale.

Invece in quasi tutti i luoghi dell’informazione si dimostra fastidio per la par-condicio quasi fosse una limitazione piuttosto che un aumento della libertà e della democrazia, sostenendo, senza rendersene conto, l’orrida idea berlusconiana che il diritto a comparire sia solo dei più grandi partiti …

Ma qualcuno ha mai pensato che all’estremo limite delle cose, una idea come questa porta al possesso dell’informazione da parte di un unico partito?

Qualcuno ha mai pensato che l’idea che ci piace, il programma che ci entusiasma, potrebbe nascondersi dietro o essere la bandiera di un piccolo partito?

Qualcuno si sofferma mai a pensare che un partito non diventerà mai grande se non ha modo di farsi sentire?

Si qualcuno l’ha pensato e ha risposto …. NON SIA MAI!

Quel qualcuno sono i geronti della politica e gli idioti di questo malsano paese.

Le conseguenze di questo “modo di pensare” diffuso dai più, è stata la violazione palese dei diritti di due liste in particolare: La Rete dei Cittadini (che aveva un candidato concorrente di Bonino e Polverini) e le Liste a 5 Stelle.

Nel paese catodico di Berlusconi, in cui l’ADSL è in dietro di anni luce, la rete ha fatto il possibile per sopperire ma non è ancora forte abbastanza.

Le cose cambieranno, ma intanto viviamo un paese che fa carta straccia di ogni regola e in cui la gente, una certa maggioranza di gente, continua a premiare politici ILLEGALI che fanno della violazione delle regole la loro ragione di vita, e della democrazia un fantoccio.

E le conseguenze si vedono.